Nell’ambito del Laboratorio della tradizione di Riciclo Creativo Ecosostenibile, progettato e promosso dall’Impresa Sociale Carmasius, che in questo caso ha combinato l’obiettivo della sostenibilità ambientale e sociale del riciclo a quella del tramandare una tradizione, i ragazzi si sono sperimentati nella riproposta di una tradizione culturale: la Quarantana. Il simbolo di Quaresima resiste al tempo e si rinnova di generazione in generazione.

La Quarantana è il simbolo delle angustie e dei sacrifici del tempo di Quaresima, un fantoccio fatto di stracci, dall’aspetto di megera vestita a lutto, che faceva la sua comparsa il giorno delle Ceneri e che contribuiva a tenere lontano gli spiriti malefici.

La tradizione, vuole che la Quarantana, realizzata con materiali poveri, diventasse sinonimo della penitenza e del digiuno. Veniva appesa fuori dalla finestra o dell’uscio di casa, e non doveva essere introdotta all’interno, in quanto si credeva portasse sventura. Il fantoccio aveva una patata legata a un piede, su cui erano infisse sei penne nere (tante quante le domeniche di Quaresima), ed una penna bianca, simbolo della Pasqua, sempre con un fuso e una conocchia ad indicare la vita e il destino che scorre e porta alla morte. Il racconto rievoca antiche consuetudini legate al periodo più significato ed evocativo, infatti, «viene bruciata il giorno di Pasqua, (Gesù risorto indica la vittoria sulla morte) per alcuni segno di tutti i mali dell’anno trascorso e quindi con funzione purificatrice, mentre per altri, come significato liberatorio della sofferenza e della fame (il fuoco).»

I ragazzi affascinati e incuriositi attraverso la realizzazione della Quarantana hanno conosciuto una tradizione che ormai è quasi scomparsa, ma che appartiene fortemente alla cultura popolare del nostro territorio e alla civiltà contadina, che attraverso simboli semplici ed essenziali è capace di raccontare la storia delle comunità.